Ramona Castellino
Lo sfruttamento della terra africana è giunto finalmente e inesorabilmente al suo tramonto e Macron assiste ormai impotente a quella che possiamo definire una svolta storica verso l’indipendenza economica e politica dei paesi africani.
Tutto questo grazie all’ accelerazione dovuta dalle nuove alleanze globali e dal crescente sentimento, giustificatissimo, antioccidentale nel continente.
Il rapporto post-coloniale tra la Francia e i suoi ex territori in Africa si è sempre basato su dinamiche di dominio, sfruttamento economico e ingerenza politica.
Con questo sistema neocoloniale, la Francia è riuscita, negli ultimi sessant’anni, a mantenere un forte controllo sulle risorse naturali dei paesi africani, in particolare petrolio, gas, uranio e altre materie prime.
Per mantenere il dominio, Parigi ha spesso sostenuto regimi dittatoriali e colpi di Stato che le consentissero di preservare i propri interessi strategici, spesso intervenendo direttamente in conflitti interni attraverso operazioni militari o basi permanenti.
L’introduzione e l’utilizzo del Franco CFA, valuta introdotta durante il periodo coloniale, ha garantito alla Francia un controllo significativo sulle politiche economiche degli stati che, ancora oggi, continuano ad utilizzarla come propria moneta.
Ma ora stiamo assistendo ad una vera “seconda decolonizzazione” che ha oggi una forte accelerata grazie e soprattutto ai rapporti con Russia e Cina, condiderati partner affidabili con i quali promuovere uno sviluppo non basato su rapporti coloniali o neocoloniali come quelli imposti dalla Francia e dalle altre potenze occidentali.
Con una serie di colpi di stato militari, nella regione del Sahel, dove in Mali, Niger e Burkina Faso abbiamo visto imporsi governi che hanno accelerato la spinta verso una vera indipendenza.
Di recente, i governi di questi tre paesi hanno dato vita alla Confederazione degli Stati del Sahel, una nuova alleanza politico-militare nata per affrontare le sfide di sicurezza e ottenere piena sovranità politica ed economica, con la prospettiva dell’abbandono del Franco CFA.
Allo stesso tempo, i tre governi hanno abbandonato la CEDEAO, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, considerata come uno strumento funzionale al neocolonialismo.
A dimostrazione di questa svolta epocale è la sempre più ridotta presenza militare delle truppe di Parigi nel continente africano.
La Confederazione degli Stati del Sahel hanno deciso di espellere le truppe francesi dal proprio territorio e altri paesi limitrofi ne hanno seguito l’esempio, come la Costa d’Avorio, il Ciad e il Senegal, il che significa che presto la presenza militare francese in Africa sarà ridotta unicamente al Gabon e a Gibuti.
Inerme il presidente Emmanuel Macron, in forte difficoltà sia sul fronte interno che su quello estero, con la sua popolarità che ha oramai raggiunto i minimi.
La nomina del nuovo governo guidato da François Bayrou rappresenta solamente l’ultimo dei colpi di coda di un presidente che non vuole accettare il proprio evidente fallimento, mentre, oltre all’Africa, anche i territori dell’Oltremare francese si ribellano al dominio di Parigi, come avvenuto recentemente in Nuova Caledonia, in Martinica e a Mayotte.
Data cruciale, lo scorso 28 novembre, quando mentre il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot di un lasciava il Ciad, il governo di N’Djamena annunciava, tramite il suo omologo Abderaman Koulamallah, la rottura dell’accordo di cooperazione militare che legava i due paesi dal 1976:
“È giunto il momento per il Ciad di affermare la sua sovranità piena e intera, e di ridefinire i suoi partenariati strategici in base alle priorità nazionali”
Lo stesso giorno, il nuovo presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye, affermava:
“la sovranità [del Senegal] non si concilia con la presenza di basi militari”,
Concetto ribadito nel suo discorso di Capodanno, quando Faye ha annunciato “la fine di tutte le presenze militari di paesi stranieri in Senegal, a partire dal 2025”
Con queste parole, il nuovo presidente senegalese mette fine a quasi cento anni di ininterrotta presenza militare francese nel paese dell’Africa occidentale.
Anche il presidente ivoriano Alassane Ouattara, generalmente considerato come un fedele alleato di Parigi, annuncia la restituzione della base francese dove sono stazionati 1.000 soldati
Duro colpo per Macron e per l’Occidente tutto dopo decenni di dominio economico, militare e politico mascherato da cooperazione.
Quest’ Africa che grida “Africa agli africani, che si dichiara orgogliosamente negra, che sta riaffermando la propria sovranità e costruendo nuove alleanze che riflettono le loro aspirazioni di indipendenza e autodeterminazione, non piace ai globalisti di mezzo mondo che preferiscono un’Africa che scappa, che emigra, che ingrassa le loro tasche con il neo schiavismo, impoverendo mezzo mondo con l’ abbassamento del costo del lavoro.
Siamo i testimoni di una nuova fase di relazioni internazionali, in cui l’Africa rivendica finalmente il ruolo di protagonista nel proprio futuro.
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