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Intelligenza artificiale senz'anima, la Nota della Santa Sede

Intelligenza artificiale senz’anima, la Nota della Santa Sede

La Redazione

Si intitola Antiqua et nova il testo congiunto dei Dicasteri per la Dottrina della Fede e per la Cultura e l’Educazione su opportunità e rischi dell’IA, che deve servire l’uomo, non asservirlo in senso tecnocratico.

E malgrado il nome non è intelligente

La nota Antiqua et nova, approfondisce il rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana.

Già in passato figure autorevoli della Chiesa, pontefice compreso, si sono espresse sul tema dell’intelligenza artificiale (IA), ma certamente questo documento risulta essere il più importante fino ad ora prodotto a motivo della sua organicità ed esaustività.

La Nota sostanzialmente si divide in due sezioni:

la spiegazione dei motivi per cui l’IA non è intelligente

I benefici, ma soprattutto i rischi che questa tecnologia reca con sé.

Partiamo dalla prima sezione.

Per comprendere il motivo per cui l’intelligenza umana non è sovrapponibile alle capacità tecniche dell’IA occorre rifarsi alla differenza sostanziale tra persona e IA che risiede nella natura di entrambe.

La persona è unione strettissima di due principi: uno materiale, il corpo, e uno formale, l’anima.

Alcune condotte rivelano che in noi esiste una realtà metafisica.
Esiste in noi una fonte di conoscenza sovrasensibile che chiamiamo anima, la quale è appunto capace di astrarre dai dati empirici e singoli per arrivare a concetti universali, quali ad esempio “la perfezione”

Altra prova dell’esistenza dell’anima è la capacità di compiere atti liberi: se fossimo costituiti di sola materia saremmo necessariamente obbligati a seguire solo le leggi fisiche che governano il nostro corpo.

Invece possiamo digiunare, toglierci la vita, etc.

Siamo forniti di autocoscienza:
Vuol dire che abbiamo capacità che eccedono le capacità sensitive

Tutti atti generati dall’anima la quale, dato che è capace di azioni così elevate, prende il nome di anima razionale.

L’ IA è ovviamente costituita solo di materia, non ha certo l’anima.

È quindi incapace e lo sarà sempre di compiere atti che sono generati solo dall’anima razionale: l’astrazione, la coscienza di sé, la formulazione di giudizi morali, la capacità di compiere scelte libere.

L’IA è capace solo di svolgere compiti, di eseguire funzioni assai sofisticate ma il cui punto di origine è da rinvenire sempre nell’intelligenza umana.

Possiamo qualificare le sue funzioni come intelligenti perché sono effetti intelligenti di una causa intelligente: la persona umana.

Dunque l’IA mima l’intelligenza, ma non è intelligente.

Passiamo alla seconda sezione dedicata ai pro et contra dell’IA:

Le finalità perseguite: come ogni atto umano deve essere giudicato sotto la prospettiva morale partendo dal fine prossimo ricercato, uguale giudizio deve essere applicato all’uso dell’IA.

Altro aspetto è la considerazione di carattere generale attiene al mezzo in sé:

ogni mezzo non è eticamente neutro, perché il mezzo corrisponde al fine per cui è stato creato e quindi incorpora in sé la congruità al fine.

In parole povere, il mezzo già rivela il fine buono o cattivo per cui è stato plasmato, il mezzo è già orientato ai suoi fini propri e quindi chi lo usa è già condizionato da questo suo intrinseco orientamento.

La Nota elenca alcuni benefici e danni che potrebbero derivare dall’uso dell’IA.

I rischi sono piuttosto semplici da individuare.

In primo luogo il favore generalizzato verso l’IA potrebbe incrementare una mentalità efficientista: plaudiamo all’IA perché capace di funzioni sbalorditive e questo metro di giudizio basato sull’utilità potrebbe essere applicato anche alle persone.

Altro pericolo: l’IA opera tramite sistemi e processi molto complessi che vedono, tra l’altro, anche l’interazione con altri dispositivi di IA.

Da qui la difficoltà a volte di individuare la persona responsabile a capo di questi processi, colui il quale ha dato il La allo sviluppo di tutto il successivo e intricato procedimento.

Un ulteriore rischio è quello degli effetti dell’automazione dell’IA: occorre vigilare affinché i processi autonomi non producano conseguenze dannose.

Per non parlare del fatto che, ad oggi, «la maggior parte del potere sulle principali applicazioni dell’IA sia concentrato nelle mani di poche potenti aziende» creando così un oligopolio tecnocratico assai pericoloso perché sono gli sviluppatori e quindi le aziende che riempiono di contenuti l’IA, che modellano queste intelligenze artefatte verso scopi ben precisi: il rischio del controllo sociale, dell’indottrinamento di massa, soprattutto tramite la manipolazione dell’informazione e di influenzare modi e abitudini in una certa direzione è quindi assai elevato, tenendo poi conto che l’IA fornisce sì informazioni, ma, altresì, le acquisisce da noi.

La vita privata allora potrebbe diventare sempre più merce preziosa per aziende senza scrupoli.

Un danno per l’umanità potrebbe poi essere la caduta nel cosiddetto «”paradigma tecnocratico”, il quale intende risolvere tendenzialmente tutti i problemi del mondo attraverso i soli mezzi tecnologici.

“Come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia”»
Una riduzione antropologica e morale di matrice tecno-efficientista.

La Nota poi registra che l’abuso dell’IA potrebbe incrementare un doppio fenomeno:

l’alienazione della realtà a beneficio di un’esistenza imprigionata nel virtuale, tanto da decretare la dipendenza da esso e il suo contrario dato dall’antropomorfizzare l’IA, perché ci parla, ascolta, decide, appare intelligentissimo e ricco di empatia, etc., «offuscando così la linea di demarcazione tra ciò che è umano e ciò che è artificiale»

In merito all’economia, l’IA potrebbe sviluppare modelli economici e dunque sociali omogenei, quindi globali, quasi astratti rispetto alle condizioni particolari, alle consuetudini locali.

Riguardo invece al mondo del lavoro, oltre alla perdita di posti di lavoro forse compensati dalla nascita di altri ruoli legati proprio allo sviluppo di questa tecnologia, la Nota sottolinea il pericolo che i lavoratori possano essere demansionati o trovarsi in ritardo rispetto alla rapida accelerazione tecnologica in corso.

Sul versante educativo l’uso dell’IA potrebbe persuadere lo studente che la conoscenza sia solo incamerare informazioni ed ottenere risposte pronte e sintetiche, non abituandolo invece alla fatica del pensare e al giudizio critico.

L’ultimo rischio è la divinizzazione dell’IA a motivo della sua apparente onniscienza e onnipotenza.

La presunzione di sostituire Dio con un’opera delle proprie mani è idolatria»

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