Roma!

Roma!

Giacomo Lo Verde

Il 21 aprile Roma celebra la sua nascita. Secondo la tradizione, nel 753 a.C., Romolo fondava la città destinata a diventare il cuore pulsante del mondo antico. Ma oggi, più che commemorare un’origine mitica, celebriamo qualcosa di più profondo: Roma come idea. Perché Roma non è soltanto una città, ma un pensiero, un simbolo, una visione del mondo che continua ad attraversare i secoli.
“Roma caput mundi”: Roma è stata centro spirituale, culturale e politico per millenni. Ma non è solo la città dei Cesari. È anche la Roma dei papi, dei martiri cristiani, dei rivoluzionari, dei poeti, dei regimi e delle ribellioni. Ogni epoca l’ha usata come specchio e come fondamento per legittimare se stessa.

Cicerone la definiva come la patria della legge e della ragione. Nella Res Publica scriveva: “Nihil est tam populare quam aequitas” — “Nulla è più vicino al popolo della giustizia”. Roma, per lui, era la civiltà che sapeva conciliare ordine e diritto, forza e pensiero.

Giovanni Gentile scriveva: “Roma non è solo una città: è una missione. È l’eterno dovere dell’Italia di guidare con lo spirito dell’ordine e della civiltà.”
In questa visione, Roma non era solo capitale di un popolo, ma incarnazione dell’autorità, della tradizione e della potenza morale. Roma è il simbolo di un destino nazionale, in cui il passato classico e la modernità si fondono in un’idea di disciplina e grandezza.

È importante parlare dell’Urbe non solo in ottica imperiale, bensì sottolineando la Roma dei lavoratori, degli oppressi, delle lotte sociali. Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista Italiano, scriveva nei Quaderni del carcere:
“Roma non fu solo capitale d’un impero, ma teatro di conflitti, culla della plebe, terreno dove il popolo imparò a combattere.”
Gramsci vedeva in Roma l’arena della coscienza civile, un luogo dove le classi popolari potevano prendere parte alla storia e dove la cultura poteva diventare strumento di liberazione. Roma, per lui, era l’idea che anche dalla decadenza potesse sorgere nuova dignità.

Infine, Roma è anche cuore della cristianità. Non è un caso che sia la sede della Chiesa cattolica, e che proprio qui, Pietro abbia concluso la sua missione. Papa Giovanni Paolo II, parlando al Colosseo, disse:
“In questa città, la fede ha imparato a parlare con il linguaggio della storia, del sangue, della speranza.”
Roma, in questa prospettiva, diventa il ponte tra la Croce e il mondo, il luogo dove il messaggio universale del Vangelo si è fuso con l’eredità umana della civiltà antica. È l’idea che la spiritualità non fugga il mondo, ma lo redima, lo innalzi.

Roma, più di qualsiasi altra città, incarna una sintesi armonica: è molteplicità che si fa unità, diversità che si riconcilia in un’identità comune. Nata dall’incontro (e dallo scontro) tra pastori e re, latini e sabini, patrizi e plebei, Roma è sempre stata più di un popolo: è stata un mondo.
È fondamentale fare nostre le parole di Virgilio nell’Eneide, “parcere subiectis et debellare superbos” — “risparmiare i sottomessi e sconfiggere i superbi” — era la missione che gli dèi affidavano ai Romani. In quelle parole c’è l’eco di un’idea sacra di patria, non come dominio cieco, ma come guida e ordine morale.

Roma ha unito popoli nella liturgia, nel diritto, nella lingua. È l’unico luogo al mondo dove la nozione di patria ha potuto convivere, senza contraddizione, con quella di fede e di popolo.

Che cos’è allora Roma, al di là delle sue pietre?
È un legame di significati, dove si scontrano potere e giustizia, gloria e rovina, sacro e profano. È il luogo in cui ogni generazione cerca un riflesso, un’origine, una direzione.

“Quod est optimum, semper manet.” — “Ciò che è eccellente, dura per sempre”, scriveva Marco Aurelio.
In questo senso, Roma non è solo la città eterna. È l’eternità che si fa città.

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